giovedì 17 maggio 2012

L'incredibile Dottor Zilbershmidt.

In un mondo in cui i grandi, i colossi, operano il male sui piccoli, i piccoli resistono e fanno del bene.
Tutti i piccoli se fanno il bene, diventano colossali, enormi.
Il mondo è fatto di miliardi di questi giganti piccini, uomini e donne capaci di azioni generose e belle.

Uno di questi ho avuto la fortuna di conoscerlo personalmente: L'incredibile Dottor Shalom Zilbershmidt.
Israeliano di nascita, ha sempre cercato di migliorare la qualità della vita delle persone. Intraprende la carriera di odontotecnico laureandosi a Padova e aprendo poi il suo studio in Gemona del Friuli. Si distingue dagli arricchiti fine a se stessi per una qualità in più. Invece di comprare  BMW, porsche, case al mare e in montagna, o farsi rubare soldi dalla speculazione bancaria, Shalom ha deciso di usare il suo potenziale per qualcosa di concreto, per aiutare chi davvero ha  bisogno di una mano. Realizzare nobili progetti umanitari necessita fondi da investire. La generosità ha prezzo, purtroppo.
Trascurando il geniale bite dentale che ha progettato grazie al quale mette a posto un sacco di magagne fisiche (motivo per il quale mi sono ricolto a lui), parliamo del suo MediT.
Chiacchierando con lui durante le varie sedute, scopro che ha investito enormi risorse per realizzare il suo sogno: una sala operatoria portatile da utilizzare ovunque, in zone di guerra mediorientali o sulla SS51 di Belluno. Il vantaggio di intervenire sul posto, in termini di tempo, è determinante. In situazioni di emergenza, la tempestività salva la vita. MediT permette di iniziare a operare immediatamente, senza dover trasportare i feriti al più vicino ospedale.
Immaginatela come una tenda da campeggio, delle dimensioni di una piccola stanza. E' portatile perché, smontatala, la si trasporta in 4 sacche da 20 chili l'una, strumentazioni comprese. Una persona addestrata, lo monta e smonta in 5 minuti.
Il problema principale dei chirurghi è la sterilizzazione dell'ambiente. Un luogo non perfettamente asettico rischia di essere fatale per pazienti sottoposti a operazioni chirurgiche. Le infezioni potrebbero condurli alla morte.
L'ingegno di Shalom lo ha portato a montare all'interno della tenda MediT tutta una serie di ventole che comprimono l'aria verso il basso, schiacciando a terra tutti i batteri, i microorganismi e le impurità. Risultato? L'ambiente che ne risulta è 1000 volte più serializzato delle sale operatorie nostrane!
Quando tagli carne umana, non deve esserci troppo caldo. temperature che oscillano dai 15 ai 20 gradi massimo vanno benne. Shalom dota Medit di condizionatore, così da ottenere la temperatura desiderata in ogni luogo della terra. Inoltre ricopre MediT di telo termico, capace di mantenere più a lungo la temperatura senza abusare del condizionatore. La tenda-sala operatoria viene costruita e consegnata con tutte le strumentazioni necessarie. MediT utilizza apparecchiature a basso consumo e funziona collegandola semplicemente alla batteria di un qualsiasi auto veicolo.
La purezza dell'ambiente che offre e la sua sicurezza sono state testate e certificate dalle maggiori autorità nazionali Europee di sanità (Testato e certificato conforme ISO 6 secondo lo standard NEBB). 

Shalom Zilbershmidt ha combattuto contro mille difficoltà per realizzare il suo progetto. All'inizio aveva il supporto solo di alcuni amici che credevano nella cosa. Poi, quando ha preso forma  e si capiva che era fattibile, è nato un vero e proprio staff di ingegneri e professionisti. Shalom si è appoggiato ad autorità militari israeliane (i materiali che lo compongono sono costituiti da tecnologia militare e non sono in commercio) perché il nostro paese non credeva e non voleva investire su MediT. Una volta costruito,  testato e certificato Shalom aveva contattato la protezione civile Italiana, proponendogli di usare la tenda-sala operatoria gratuitamente. Ancora una volta l'Italia ha risposto negativamente.

Ora MediT è operativo.
Medici Senza Frontiere, ad aprile, ha acquistato alcuni MediT per far fronte a un attacco terroristico che ha ucciso 282 persone in Congo. La sala operatoria portatile si è fatta valere, salvando centinaia di vite.
Se le cose andranno come devono, MediT diventerà uno standard e potrebbe rivoluzionare il modo di eseguire operazioni chirurgiche nel mondo, rendendo di fatto obsoleti tutti gli interventi d'emergenza eseguiti negli ospedali.

I ricavi di MediT verranno utilizzati per fare del bene, per allargare il bacino d'utenza e renderlo disponibile a tutti i paesi interessati. Speriamo di vederlo presto anche nel nostro paese.

Felice di aver testimoniato l'incredibile vicenda di un uomo dedito a spargere bene.
E, nel mondo, sono in tanti.
Questa è la storia di un progetto di grandi proporzioni, ma, tutti, nel piccolo, ogni giorno, possiamo fare del bene e trasformarci in giganti. Non sottovalutate il potere dirompente di un minuscolo gesto d'affetto e solidarietà. Ne basta uno al giorno.

Per saperne di più:

Sito MediT
Caratteristiche MediT

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venerdì 11 maggio 2012

Nella fossa del sague

"Giù nella fossa del dissanguamento dicono che l'odore del sangue ti rende aggressivo. Ed è vero. Se quel maiale ti da un calcio, tu gli rendi la pariglia. Stai già comunque per ammazzarlo, ma non basta. Deve soffrire, ci vai giù pesante. Insisti, gli fai scoppiare la trachea, lo fai annegare nel suo stesso sangue. Gli spacchi il naso. Un maiale vivo correva in circolo nella fossa. Mi guardava, toccava a me sgozzarlo e ho preso il mio coltello e - zac - gli ho cavato un occhio mentre lui se ne stava li seduto. E il maiale si è messo a strillare. Una volta ho preso il mio coltello - è affilatissimo - e ho tagliato via la punta del naso a un maiale, come fosse un pezzo di mortadella. Per qualche minuto è impazzito. Poi si è seduto con un'aria un po' stupida. Allora ho preso una manciata di acqua e sale e gliel'ho schiacciata nel naso. A quel punto il maiale ha dato proprio di matto, premeva il naso dappertutto. Avevo ancora una manciata di sale in mano - indossavo un guanto di gomma -e gliel'ho ficcato su per il culo. Quel povero maiale non sapeva se cagare o accecarsi. Non ero l'unico a fare roba del genere. Uno con cui lavoravo insegue i maiali facendoli finire nella vasca di scottatura (vasche di acqua bollente). E tutti - autisti, incatenatori, inservienti - usano tubi di piombo sui maiali. Lo sanno tutti, tutto quanto".

Una delle tante testimonianze presenti nel libro di Jonathan Safram Foer, "Se niente importa, perchè mangiamo animali?"

Dove esiste il commercio della carne su larga scala (In USA come in Europa, in Francia come in Italia) esiste l'allevamento intensivo. Dove esiste l'allevamento intensivo il genere di trattamento descritto dalla testimonianza riportata qui sopra è comune, perfino in presenza di ispettori addetti al controllo delle attività interne il macello. Su miliardi e miliardi di animali allevati nel nostro paese (dai maiali alle galline alle mucche) anche se fosse l'1% dei casi, rappresenterebbe una cifra enorme. Ho scritto email ad una catena di grandi distributori che si vanta di produrre carne di ottima qualità perché ha cura degli animali per avere l'elenco dei suoi allevamenti e macelli. Non mi ha mai risposto. Ed è normale che non rispondano. Visitare i moderni allevamenti e macelli è impossibile (Report non è riuscito a realizzare nessun filmato interno) perché recintati e guardati a vista. Non te lo permettono perché accadono cose indescrivibili.
Nel nord Italia ormai esiste quasi solo l'allevamento intensivo, l'Istat conferma una drastica diminuzione dei piccoli allevamenti familiari e la concentrazione di pochi grandi centri. Ecco il rapporto Istat: 
Meno aziende, ma di dimensioni più ampie
La dimensione media aziendale è passata, in un decennio, da 5,5 ettari di SAU (superficie agricola utilizzata) per azienda a 7,9 ettari (+44,4%). Ciò è conseguenza di una forte contrazione del numero di aziende agricole e zootecniche attive (-32,2%), cui ha fatto riscontro una diminuzione della superficie coltivata assai più contenuta (-2,3%). L’effetto delle politiche comunitarie e dell’andamento dei mercati ha determinato l’uscita di piccole aziende dal settore, favorendo la concentrazione dell’attività agricola e zootecnica in unità di maggiori dimensioni e avvicinando il nostro Paese alla struttura aziendale media europea.
Anche la dimensione media aziendale in termini di SAT aumenta rispetto a quanto rilevato dal Censimento del 2000, passando da 7,8 a 10,6 ettari. Tuttavia, in valore assoluto, la SAT complessiva diminuisce (-8%) assai più della SAU (-2,3%), segnale di un processo di ricomposizione fondiaria che ha trasferito alle aziende agricole attive nel 2010 prevalentemente le superfici agricole utilizzate dalle aziende cessate e, in misura minore, i terreni investiti a boschi annessi alle aziende o non utilizzati.
Oltre la metà della SAU totale (54,1%) è coltivata da grandi aziende con almeno 30 ettari di SAU (5,2% delle aziende italiane), mentre nel 2000 quelle al di sopra di questa soglia dimensionale coltivavano il 46,9% della SAU ed erano il 3% del totale.")

Se la sofferenza degli animali non ti tocca, sappi che il cibo prodotto dagli allevamenti intensivi è veleno. Che le pratiche dell'allevamento intensivo sono la causa principale del surriscaldamento globale, dell'inquinamento dell'atmosfera e delle falde acquifere. In più caricano le persone addette alla macellazione di tensioni psicologiche e gravi problemi a gestire la propria aggressività.

Ora che sai la verità, come ti poni verso il mangiare la carne proveniente dall'industria zootecnica moderna?


Se vuoi approfondire



domenica 6 maggio 2012

Realtà che stridono

La repubblica, sabato 5 maggio 2012. Pag. 25.
Un enorme articolo pubblicizza una catena di supermercati-ristoranti che dovrebbero vendere carne alta qualità.
Non serve imbattersi in articoli così orrendamente pubblicitari sui quotidiani, anche la rete ne è piena. False promesse che vogliono dipingere le multinazionali come spargitrici di benessere. Ma queste realtà, sono due realtà che stridono.


Il binomio alta qualità e giganti della distribuzione è ridicolo. Come dire: è una tartaruga, ma corre.

Se hai il potere di creare negozi enormi, devi servire migliaia di persone. Per accontentare così tante persone devi spendere tempo, parecchio tempo. E soldi. Gli animali allevati in maniera tradizionale ci mettono mesi e mesi per raggiungere il peso necessario a essere buoni alla macellazione. Nutrirli con cibi naturali e e curarli con medicine omeopatiche aumenta il costo, di tempo e denaro. Non poterli stipare a centinaia di migliaia in miserabili capannoni significa allevarne un numero incredibilmente basso se comparato alle necessità del mercato attuale. Ciò va a influire sul numero di carne disponibile, che si riduce drasticamente. Se hai poca carne a disposizione, non apri un centro commerciale.
"Riduzione della catena produttiva -ci dicono- per questo abbattiamo i prezzi. Essendo di qualità, dovrebbe costare di più, ma non costa così tanto perché l'allevamento è qui vicino, a pochi km dal ristorante o supermercato". Ci dovrebbero essere centinaia e centinaia di pascoli meravigliosi a pochi km di distanza dal supermercato-ristorante per poter sfamare tanta gente e dare veridicità a questa affermazione. Secondo le tesi degli imprenditori faraoni filantropi, l'intera pianura padana dovrebbe essere una distesa felice di verdi praterie brulicanti animali trattati con tutte le sagge accortezze di un tempo. Ma voi, le avete mai viste queste? Io no. Si vedono per la maggior parte capannoni industriali. 
Per non parlare del denaro. 
La carne prodotta in maniera realmente sana non ha prezzi concorrenziali o sufficientemente concorrenziali. Costa. Costa molto, molto di più. Diciamo che un chilo di carne dovrebbe sempre costare più di 12 euro. Nei supermercati la carne te la tirano dietro. In questi luoghi descritti come oasi di qualità costa poco più che nei supermercati. Ancora non basta per convincere.

Chi alleva in maniera sana non riesce a darsi alla grande distribuzione, aprire ristoranti o supermercati. Per sua fisiologia naturale, produrre carne davvero di qualità abbisogna di molto tempo e denaro. Perciò, chi ha il coraggio e la forza ancora di farlo, rimane piccolo. Le risorse necessarie per essere fatto bene, sono enormi. In larga scala diventerebbero insostenibili se non con accorgimenti da zootecnica moderna.

Tanti (ma purtroppo pochi ancora) piccoli centri sono indizio positivo.
Pochi centri su larga scala puzzano di losco.

Le cooperative agricole vere, ormai poche, dove acquistare la carne, somigliano circa a questi luoghi:




non a questi...





Ma torniamo alla quantità di bestiame allevato. Abbiamo detto che deve essere molto, per forza: deve servire molta gente in poco tempo. Per farlo sono state selezionate razze che in pochi giorni acquistano la massa di un animale adulto normale. Tutto questo a scapito della loro salute, della loro capacità di difendersi dalle malattie. Il rovescio della medaglia. Tutto questo bestiame indebolito geneticamente, non essendoci le praterie mastodontiche necessarie a ospitarlo, deve per forza essere stipato. E quando si comprimono centinaia di migliaia di animali deboli in spazi ridottissimi, le malattie circolano. Circolano eccome. 
Ma i filantropi imprenditori ci dicono che i loro animali non vengono allevati con antibiotici (i maggiori organi di salute pubblica nazionali non sanno dire quanti antibiotici vengono somministrati quotidianamente agli animali perché non c'è modo di controllare queste operazioni. Ma il padrone delle multinazionali ci rassicura, ne è certo. Ma come fa lui a confermarlo quando non lo può sostenere neppure l'istituto superiore di sanità- dipartimento di veterinaria? Se neppure gli allevatori ormai sanno cosa danno da mangiare agli animali perché eseguono solo gli ordini imposti loro dal socidante?). A questo punto speriamo che gli antibiotici vengano davvero utilizzati, a mo' di garanzia, altrimenti quella carne si trasformerebbe in puro veleno!

Chi ha la fortuna di vivere in zone rurali si affidi a conoscenti che per passione allevano galline o maiali all'"antica". Chi può si rivolga a cooperative come le seguenti:
http://www.prober.it/  (Sono ottimi punti di appoggio anche per iniziare a chiedere dove trovare carne davvero di qualità).

Perché su Repubblica non si parla a piena pagina anche di queste realtà, o di mio zio che alleva galline la cui qualità di carne sono certo è fra le migliori del nostro paese? Forse perché non abbiamo i soldi per pagare il giornale e perché il giornale non è interessato se non fa notizia.



Come sempre in questo spazio si parla poco di concretezza e molto di sogni e utopie. Ma i sogni di oggi sono stati la realtà del domani in molte epoche e civiltà. Sogno supermercati e ristoranti vuoti di carne, perché di quella robaccia non se ne vende più un grammo. E poi sogno nascere piccoli supermercati che pagano gli allevatori tradizionali, ormai gli unici "autorizzati" dalle nostre abitudini a vendere quel tipo di cibo. Così, solo così, si andrà a valorizzare davvero la qualità. Il business su larga scala alimenta solo la corsa dei mercati a crescere, crescere e crescere. E le mucche, i polli e i maiali gonfiati come palloni sanno cosa significa crescere a dismisura.

Alcune delle informazioni le ho pescate QUI. Un'inchiesta che vale la pena vedere. Per smascherare le bugie, direi che la formula magica più facile è composta da un pizzico di informazione e quattro spanne di buon senso.


Non sono gli imprenditori che ci salveranno. Ma noi stessi. Con le nostre scelte personali, mirate e quotidiane.
Il mercato sei tu, io e tutti gli altri. Non le leggi della crescita dell'economista di turno.



La verità è proporzionale a quanta gente ci crede. I faraoni lo sanno.

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martedì 1 maggio 2012

Diario di un timido: due performance non proprio da professionista

Il boss di radio onde furlane non sa ciò che scrivo qui adesso.
In effetti, per vergogna, non l'ho mai messo per iscritto.
Alcuni mesi dopo la pubblicazione, tra le cose che mi capitarono, accettai una mini intervista radiofonica. 
Loro ti chiamano tu parli al telefono. Semplice.
Semplice pensavo. Venivo da disastrose esperienze pubbliche, ero convinto che parlare al telefono da casa mia a una radio rappresentasse poco più di una bazzecola.

Alcuni giorni prima mi ero recato in un paese del Friuli, non ricordo il nome ma so che era di domenica e che avrei interrotto con un'auto presentazione un concerto jazz che si esibiva in un'ampia sala al primo piano di una bellissima biblioteca.
"Non c'è mai stata tanta affluenza" aveva detto l'ideatore della manifestazione. Ci tengo a precisare che le quasi duecento persone sarebbero venute comunque, il mio era solo un siparietto che divideva il vero evento, e cioè il concerto. Se da una parte gioivo per la riuscita della cosa, dall'altra mi sentivo morire. Causa: timidezza cronica. Prima di allora c'era sempre stato un "moderatore" a dirigere la chiacchierata, un tavolo-barricata fra me e la gente dietro cui arroccarmi e trarre un poco di sollievo e la formula magica che recitavo sempre alla "mia" spalla del momento: "ehi, se vedi che mi impapino dammi una mano". Un miscuglio di cose che mi infondeva sicurezza. Invece quel giorno avrei dovuto affrontare le persone in piedi, senza tavolo e senza spalla. Niente soccorso in caso di impapinamento. 
Bum. Il concerto parte. Pronti via. le mie palpitazioni erano da maratoneta in fuga.
Mi sentivo fuori luogo. Mi pareva un delitto interrompere un così bel fluire di motivi jazz con il gracchio insicuro della mia figura minuta. Il disagio cresceva sempre di più man mano che i minuti passavano.
Bum. Il concerto è fermo. Vengo chiamato a presenziare. L'attacco c'era, avrei potuto cavalcarlo: Le musiche jazz di prima avevano come tema comune difficili rapporti tra uomo e donna (L'uomo corvo e Vanessa). Poche ore prima, guidando solo in auto, i miei discorsi fluivano lisci come l'olio. Tutto era chiaro in me.
Adesso avevo ingoiato un porcospino. Guardavo la folla. La gente mi guardava.
Spiaccicai un mezzo discorso in partenza. Poi la cosa più comprensibile che dissi fu "lgddldk".
Attacco di panico.
Confusione.
Rossore.
Mancanza di fiato.
Guardai la folla.
"Chiedo scusa".
Partì un caloroso applauso di incoraggiamento. Fu acqua per chi si è perso nel deserto. Fu respirare. Parlai per 5 minuti, dissi quello che mi riuscì in maniera abbastanza pulita. Non cercai di  piazzare le teorie e i discorsi più arditi, mi si sarebbe di nuovo aggrovigliata la lingua. Mi limitai alle frasi e concetti più semplici che mi riusciva.
Finii, e il concerto ripartì.
Avevo addosso una sensazione di sconfitta. Come quando stai per dare matto e per una svista ti mangiano la regina.
Le melodie New Orleans mi fecero dimenticare un po' la pessima performance personale.
Alla fine diverse persone mi dissero:"è bello vedere emozione reale". Ne fui contento e quelle parole ancora mi consolano.

Ricordo quel giorno come uno di quelli più formativi.
"Al massimo mi impapino, balbetto e poi ricomincio" dicevo fra me e me. "Ormai ho superato tutti gli ostacoli". Ne ero sicuro.
Ne ero sicuro anche quel mattino alla radio. Ma di li a poco mi sarei accorto che ci poteva essere di "peggio".

Il boss di radio onde furlane ha una gran voce. Non so se è professionista che ha studiato, sicuramente ha si è allenato per anni . Inoltre la natura lo ha dotato di un timbro felice e suadente, forte, energico che è un piacere ascoltare. Sentire la sua voce in radio e poi la mia, penso sia come guardare la silouette di una elegantissima professoressa e poi spaccarsi i denti serrandoli a difesa del gesso che inchioda sulla lavagna.
Pensavo così mentre lo sentivo annunciare la mia presenza in diretta.
Le palpitazioni cominciarono a salire e a ostruire l'esofago. Il respiro iniziò a mancare.
Toccava parlare a me. Non ricordavo la domanda.
Ero a casa mia, doveva essere tutto tranquillo. Non era così. L'effetto sorpresa mi congelò definitivamente. Il silenzio incalzava. La radio ha bisogno di tempi rapidi. La responsabilità mi forava di saette.
Capii che poter guardare la gente è un faro nella notte a confronto di dover parlare nell'astratto di un telefonino. Mancano tutti i riferimenti che, per un insicuro, è disastro puro. Non sai a chi ti stai rivolgendo, non capisci che sta succedendo, sai solo che c'è "qualcuno che ascolta". L'imbarazzo salì al suo apice. Parlavo a singhiozzi. Le frasi non arrivavano, il panico le sbriciolava sul nascere. Il respiro latitava. Dovevo fare boccate enormi per riprendermi. Coprivo il microfono mentre lo facevo, per non far sentire gli ansimi. Poi la disfatta.

Nel romanzo "L'idiota", il principe Myskin, protagonista, rompe un intero servizio da te difronte a graziose fanciulle e si sente morire per la vergogna. La cosa buffa è che, prima di romperle, si era imposto così fermamente di non farle cadere per nulla al mondo, che aveva finito per realizzare il suo incubo!

Feci lo stesso errore. Prima di parlare in radio fantasticavo: "Beh, se proprio deve andare male, faccio come Aldo in Tre uomini e una gamba, faccio finta che non si sente dal telefonino, e chiudo la chiamata. Intanto riprendo fiato. Però non succederà dai, figuriamoci..."
Già, non succederà...e invece.
Andò proprio così. Ad un certo punto la mia agitazione era diventata insostenibile e dovetti ricorrere al triste stratagemma.
La radio mi richiamò e mi scusai per l'inconveniente tecnico. Trascinai la voce verso fine trasmissione, abbondanti iniezioni di "voce del boss" furono la sostanza che tenne in piedi l'"intervista".
Il boss non è a conoscenza di questo dettaglio ma, chissà, se lo leggerà magari si farà una risata!

Bloccarmi e tremare di fronte alla gente succede ancora, anche se molto meno.

Ho imparato due cose, in questi mesi.
La prima: gestire l'emozione grazie a una certa continuità "pubblica". 
La seconda: chi viene ad ascoltare lo fa per affetto, perciò, per me, diventa come l'ombra di un albero in una giornata calda. Un rifugio. Molto meglio del tavolo-barricata. Quindi passa la paura di mostrarmi come sono: una persona con tante paure, insicurezze, titubanze. Ma anche con profonda fede nelle mie idee. E condividerle tramite chiacchierata collettiva diventa un piacere.
Mi piace essere sincero con le persone e non recitare o fingere. Però chi parla ha anche responsabilità. Non si può parlare con sufficienza e dire cose tanto per dire. Bisogna parlare col cuore ma anche con la testa. Bisogna vestire a festa le proprie parole per onorare al meglio le orecchie di chi viene ad ascoltarti. E' forse questa "responsabilità" che a volte mi paralizza.
Lentamente la mia capacità di mettere a fuoco ciò che voglio dire e dirlo in maniera pulita in presenza di sconosciuti sta migliorando. Riesco perfino a fare le battute che vorrei. L'emozione però è sempre la stessa. La sento e mi scarica adrenalina nei primi minuti come il getto di una pompa idraulica. Spero di non perderla mai.

Se ti va, lascia un commento! :)

venerdì 27 aprile 2012

La leggenda del forzato mangiatore e dell'inventore degli scacchi

Vi legano a una sedia e vi costringono a mangiare continuamente. La vostra pancia cresce. Più cresce e più i vostri torturatori ne guadagnano (non chiedetemi in virtù di quale perverso accordo).
Ad un certo punto però, la pancia invece di crescere giustamente si tende fino allo spasimo e poi cede, inizia a sbregarsi.
Vi tengono a digiuno per un poco e le ferite si rimarginano. Però, badate bene, non vi liberano. Aspettano che stiate meglio e poi dicono: bene la situazione è tornata sostenibile, ora si può ricominciare a crescere. E la tortura continua. Continua finchè la pancia non scoppia. 
BUM! 
Ecco la bolla finanziaria che è esplosa.
I torturatori, che hanno perso la possibilità di arricchirsi con la pancia che cresce, liberano le vostre mani consegnandovi ago e filo e chiedendo di ricucirvi le budella in modo che possano ricominciare a gonfiare. Ecco che allora arriva l'austerità, altre tassazioni e imposizioni fiscali.
Aggiungiamo il danno oltre la beffa: vi garantiscono che vi stanno riempiendo di cibo mentre vi stanno gonfiando solo di aria.
Questa è la metafora della crescita economica.

La crescita economica è di moda come le VHS.

I soldi non esistono più. 
Le banconote non hanno un corrispettivo ammontare di oro depositato in banca. Il denaro esiste solo in virtù dell'indebitamento degli stati con le banche che speculano molto e investono poco. Lo stato per far fronte questo indebitamento, attraverso i titoli di stato fa domanda di liquidità alla banca. La banca rende "concreta" la domanda traducendola in denaro. Questo denaro però è fatto di aria, creato dal nulla perché basato non su valore tangibile ma sull'ipotesi che, se c'è stata una domanda, allora ci sarà offerta e perciò ci sarà la garanzia che il denaro verrà restituito. 
Come dire: mi butto da un palazzo di 20 metri perché le statistiche sono a favore di chi sopravvive. Logiche di mercato.
Prima o poi la crescita si arresta. Il mercato non può crescere all'infinito. Perfino l'universo smetterà di espandersi e a questa regola non sfugge neppure la borsa.
Perciò, quando la crescita si ferma bisogna fare i conti con i debiti rimasti. Che andrebbero saldati con la liquidità circolante che però (magia) si scopre non esistere!
E allora a chi si ricorre per far fronte al disagio? 
Ai cittadini, ovvio.

Non sono un economista né conosco a mena dito i meccanismi che regolano i rapporti fra stato e bankitalia ma sto cercando di informarmi su questi sistemi, e, pur essendo molto ignorante e assolutamente non tecnocrate, non posso che rendermi conto che in borsa tutto viene immolato nel nome della crescita.

Riporto una leggenda sull'inventore del gioco degli scacchi.
Un misterioso straniero si recò alla corte di un re persiano e gli mostrò il gioco degli scacchi. Il re persiano fu così entusiasta degli scacchi che autorizzò il misterioso straniero a chiedere qualsiasi cifra in cambio. Il misterioso straniero disse: "Come pagamento per il gioco che vi ho portato, vorrei un chicco d'oro sulla prima casella della scacchiera, due sulla seconda, quattro sulla terza, otto sulla quarta, sedici sulla quinta e così via". Il re persiano accettò con soddisfazione. Il giorno seguente i consiglieri chiesero di parlare col re. Erano visibilmente preoccupati. Informarono il sovrano che, casella dopo casella, per poter pagare il misterioso straniero non sarebbe bastato tutto l'oro del loro regno ne quello di tutte le terre conosciute messe assieme. Il re fece tagliare la testa al misterioso straniero.

La crescita porta alla fine.

La crescita è insostenibile come la richiesta del misterioso straniero. Non può progredire per sempre. E le crepe del nostro sistema sono dovute alla fede dei banchieri verso la crescita.
Se fossimo il re persiano, per sostenere che so, il mercato dell'auto, quest'anno dovremmo comprare un'auto, il prossimo due, quello successivo quattro e così via. 
Questo per ogni campo manifatturiero.
Impossibile davvero.

Però si può fare altro. Quando ci esplode la pancia, a mani libere possiamo ricucire le ferite e poi, invece di farci rimettere in catene, difenderci dai torturatori. Mandarli via. Riprenderci ciò che è nostro.

Forse non hanno ancora gonfiato abbastanza. Forse non siamo esplosi abbastanza. 
Ma il punto critico sembra essere vicino. 

giovedì 26 aprile 2012

Meraviglia!

Tante cose diamo per scontate.

Ci si sveglia al mattino e la routine diventa la ruotina. Come quelle dei carrelli della spesa. La ruotina che ci spinge tra gli scomparti di un gigantesco supermercato chiamato mondo, dentro un carrello che è diventato gabbia. E possiamo solo scegliere cosa comprare. Non ci appartiene più nulla. 
Nulla tranne i ricordi.

Quanto costa la meraviglia? 
Dal carrello-gabbia possiamo passare al setaccio ogni corsia, ogni reparto (Corsia? Reparto? Ma è un supermercato o un ospedale?) senza mai trovare in vendita la meraviglia.
Dobbiamo fermarci e cercarla dentro di noi.


Penso alla meraviglia della prima volta che ho bevuto un succo di frutta con la cannuccia. Una magia.

Non la saprei ricordare. Probabilmente ero bambino. Chissà quanta tensione vibrava in ogni cellula del corpo e della mente mentre mi mettevo (o i nonni o i genitori mi mettevano) la cannuccia in bocca. Un'attesa tanto angosciante quanto colma di spirito d'avventura e frenesia per la scoperta. Decidersi di succhiare da quel seno pazzesco a forma di matita cava e aspettare. Iniziare a sentire il succo fruttoso farsi largo fra i denti, lambire la lingua e poi scorrere giù scomparendo nella pancia, dove ogni tatto perde identità. Forse  potrei immaginare le sensazioni della prima cannucciata ricordando il primo bacio. Di sicuro niente in me era preparato a questa cosa che di li a poco si sarebbe abbattuta con la potenza di un uragano. Niente.
Una volta accaduto non è più la stessa cosa.
La prima volta è un miracolo irripetibile.


Ieri ho visto un bimbo bere a cannuccia un succo di frutta. Era la sua prima volta. E l'ho invidiato.
Le cose più belle ci accadono senza farcelo sapere.

Accorgersi di loro significa non farne parte.

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