venerdì 11 maggio 2012

Nella fossa del sague

"Giù nella fossa del dissanguamento dicono che l'odore del sangue ti rende aggressivo. Ed è vero. Se quel maiale ti da un calcio, tu gli rendi la pariglia. Stai già comunque per ammazzarlo, ma non basta. Deve soffrire, ci vai giù pesante. Insisti, gli fai scoppiare la trachea, lo fai annegare nel suo stesso sangue. Gli spacchi il naso. Un maiale vivo correva in circolo nella fossa. Mi guardava, toccava a me sgozzarlo e ho preso il mio coltello e - zac - gli ho cavato un occhio mentre lui se ne stava li seduto. E il maiale si è messo a strillare. Una volta ho preso il mio coltello - è affilatissimo - e ho tagliato via la punta del naso a un maiale, come fosse un pezzo di mortadella. Per qualche minuto è impazzito. Poi si è seduto con un'aria un po' stupida. Allora ho preso una manciata di acqua e sale e gliel'ho schiacciata nel naso. A quel punto il maiale ha dato proprio di matto, premeva il naso dappertutto. Avevo ancora una manciata di sale in mano - indossavo un guanto di gomma -e gliel'ho ficcato su per il culo. Quel povero maiale non sapeva se cagare o accecarsi. Non ero l'unico a fare roba del genere. Uno con cui lavoravo insegue i maiali facendoli finire nella vasca di scottatura (vasche di acqua bollente). E tutti - autisti, incatenatori, inservienti - usano tubi di piombo sui maiali. Lo sanno tutti, tutto quanto".

Una delle tante testimonianze presenti nel libro di Jonathan Safram Foer, "Se niente importa, perchè mangiamo animali?"

Dove esiste il commercio della carne su larga scala (In USA come in Europa, in Francia come in Italia) esiste l'allevamento intensivo. Dove esiste l'allevamento intensivo il genere di trattamento descritto dalla testimonianza riportata qui sopra è comune, perfino in presenza di ispettori addetti al controllo delle attività interne il macello. Su miliardi e miliardi di animali allevati nel nostro paese (dai maiali alle galline alle mucche) anche se fosse l'1% dei casi, rappresenterebbe una cifra enorme. Ho scritto email ad una catena di grandi distributori che si vanta di produrre carne di ottima qualità perché ha cura degli animali per avere l'elenco dei suoi allevamenti e macelli. Non mi ha mai risposto. Ed è normale che non rispondano. Visitare i moderni allevamenti e macelli è impossibile (Report non è riuscito a realizzare nessun filmato interno) perché recintati e guardati a vista. Non te lo permettono perché accadono cose indescrivibili.
Nel nord Italia ormai esiste quasi solo l'allevamento intensivo, l'Istat conferma una drastica diminuzione dei piccoli allevamenti familiari e la concentrazione di pochi grandi centri. Ecco il rapporto Istat: 
Meno aziende, ma di dimensioni più ampie
La dimensione media aziendale è passata, in un decennio, da 5,5 ettari di SAU (superficie agricola utilizzata) per azienda a 7,9 ettari (+44,4%). Ciò è conseguenza di una forte contrazione del numero di aziende agricole e zootecniche attive (-32,2%), cui ha fatto riscontro una diminuzione della superficie coltivata assai più contenuta (-2,3%). L’effetto delle politiche comunitarie e dell’andamento dei mercati ha determinato l’uscita di piccole aziende dal settore, favorendo la concentrazione dell’attività agricola e zootecnica in unità di maggiori dimensioni e avvicinando il nostro Paese alla struttura aziendale media europea.
Anche la dimensione media aziendale in termini di SAT aumenta rispetto a quanto rilevato dal Censimento del 2000, passando da 7,8 a 10,6 ettari. Tuttavia, in valore assoluto, la SAT complessiva diminuisce (-8%) assai più della SAU (-2,3%), segnale di un processo di ricomposizione fondiaria che ha trasferito alle aziende agricole attive nel 2010 prevalentemente le superfici agricole utilizzate dalle aziende cessate e, in misura minore, i terreni investiti a boschi annessi alle aziende o non utilizzati.
Oltre la metà della SAU totale (54,1%) è coltivata da grandi aziende con almeno 30 ettari di SAU (5,2% delle aziende italiane), mentre nel 2000 quelle al di sopra di questa soglia dimensionale coltivavano il 46,9% della SAU ed erano il 3% del totale.")

Se la sofferenza degli animali non ti tocca, sappi che il cibo prodotto dagli allevamenti intensivi è veleno. Che le pratiche dell'allevamento intensivo sono la causa principale del surriscaldamento globale, dell'inquinamento dell'atmosfera e delle falde acquifere. In più caricano le persone addette alla macellazione di tensioni psicologiche e gravi problemi a gestire la propria aggressività.

Ora che sai la verità, come ti poni verso il mangiare la carne proveniente dall'industria zootecnica moderna?


Se vuoi approfondire



3 commenti:

  1. troppa carne pretendiamo. da carnivori a cannibali..la medicina è la stessa. cambiare

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  2. Dovrei essere disgustato,ma non riesco ad esserlo fino in fondo. Capisco perfettamente che non si possano avere permessi per documentare le mattanze che avvengono all'interno di questi centri di produzione. Sopprimere una vita è sempre sconvolgente, anche se ciò viene eseguito con mezzi il più possibile incruenti. Meglio non vedere e non sapere. Del resto la bistecca nel nostro piatto non assomiglia per niente all'animale dalla quale proviene (magia dell'astrazione). Altro conto è la crudeltà insita nell'essere umano che, quando non può infierire sul suo stesso genere si sfoga su tutto quello che gli capita sottomano.

    ciao
    sergio

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  3. Dici bene Sergio. Il prodotto finale non assomiglia alla vita che era in origine. E questo aiuta le coscienze a divorare la carne. Però la carne da allevamento intensivo non assomiglia più neppure a carne! Questi animali sono così modificati geneticamente, così nutriti di antibiotici e cibi energetici, c0sì maltrattati, così malati e infetti, così macellati in maniera sommaria e poco igienica, che finiscono per diventare veleno, più che carne. Come suggerisce l'anonimo amico, forse è vero che siamo cannibali più che carnivori. La sofferenza appartiene a tutti gli esseri di questo pianeta. Ed essa ci accomuna.

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